L’infinito genio poliedrico di Pablo Picasso a Genova, la mostra e le immagini




Dopo Picasso sulla spiaggia alla Guggenheim di Venezia, seconda tappa italiana del ciclo Picasso Mediterranée, in collaborazione con il Museé Picasso di Parigi. A cura di Colline Zellal, prodotta dalla Fondazione di Palazzo Ducale in collaborazione con MondoMostre Skira. Fino al 6 maggio 2018.


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Genova. C’è un prima e un dopo Picasso

   Nessuno come lui è riuscito a liberarsi dall’ossessione dello stile per raggiungere una bellezza complessa, dolorosa, suggestiva, ironica. Pablo Picasso (1881-1973) è stato colui che nell’arte ha portata una passione mai vista prima, intridendo di se stesso ogni sua opera. La mostra PicassoCapolavori dal Museo Picasso di Parigi, racconta questo rapporto viscerale con la pittura, attraverso circa cinquanta opere dalle quali l’artista non volle mai separarsi, e che costituirono la sua collezione privata. Dagli anni del Bateau-Lavoir alla Costa Azzurra, dal Cubismo al naif, dalle tensioni della guerra alla solarità degli anni Cinquanta e Sessanta. Palazzo Ducale ospita una mostra non ovvia, che presenta il lato più profondo di Picasso, andando oltre le sperimentazioni cubiste del primo Novecento, e ampliando con un continuo confronto tra opere ed epoche, dagli esordi nel Cubismo alle celeberrime Bagnanti, dalle tragiche tele degli anni Quaranta alle riletture dell’Impressionismo e il naif degli ultimi anni.

Picasso attraversò anche il tragico decennio che va dalla metà degli anni Trenta alla metà degli anni Quaranta, iniziato con la guerra civile spagnola e proseguito con il massacro della Seconda Guerra Mondiale; avvenimenti cui Picasso non rimase emotivamente estraneo, al contrario ne risentì profondamente, e questo travaglio interiore è percepibile nella nuova fase pittorica che lo caratterizzò in quegli anni. Grandi tele dalla cromie scure, atmosfere sospese e inquietanti, dove il Cubismo assume tinte sardoniche, dolorosamente surreali. Alla stregua di Cesare Pavese, che cercava scampo alla violenza della guerra tuffandosi nella rilettura del Mito, Picasso reagisce con una pittura viscerale, specchio della sua sofferenza morale. E se i colori sgargianti di Café a Royan (1940) sembrano a prima vista tracciare una scena urbana serena, in realtà le finestre dipinte di blu rimandano alla tecnica utilizzata dai cittadini per evitare che, nelle ore di oscuramento imposto dagli occupanti nazisti, filtrasse all’esterno delle abitazioni il minimo indizio di luce.


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.... dopo di lui, l’arte si sentì provata, spossata, 
e non è più riuscita (sino ad ora) a raggiungere le altezze toccate con lui.




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